Spigolature sulla rasatura tradizionale, ricordi e altre varie amenità
Ricordo bene i tempi in cui, ormai più di tredici anni fa, dovetti passare, per questioni ‘dermatologiche’, dal multilama al rasoio elettrico, prima, e da questo al rasoio di sicurezza, poi.
Un’era geologica fa. Tempi in cui nella grande distribuzione si poteva reperire con facilità, come saponi, al massimo Taylor of Old Bond Street, Truefitt & Hill e poco altro, a parte i prodotti da banco italiani; come rasoi, non si andava molto oltre a Edwin Jagger, Fatip, Merkur e Muhle.
L’Europa continentale, Germania a parte, era lontana; la Cina e l’America, a malapena un miraggio.
Il mantra con cui la rasatura tradizionale ricominciava a prendere piede era quello del risparmio. Sì, perché con un Proraso e una stecca di lamette (il rasoio lo compravi una tantum) potevi raderti un anno spendendo quattro soldi, invece di stare ad ammattirti per comprare ricariche su ricariche di bilama, trilama, quadrilama e multilama di varia foggia e tipologia, che inquinano un casino e magari radono anche male.
Delle schiume da barba normali e in gel, glisso per carità di patria.
Simili pensieri, guardando adesso mentre scrivo l’armadietto del bagno strapieno di saponi, dopobarba, lamette e rasoi mi fa sorridere. Sono caduto in trappola senza neanche accorgermene.
E così anche voi, probabilmente, se siete qui a leggermi.
Dietro la ritualità e la mania di collezionismo, la longa manus del consumismo si acquatta sinistra e maligna. Quest’ombra tenebrosa che insegue costantemente i nostri passi, sussurandoci all’orecchio come un demone tentatore, noi la chiamiamo affettuosamente ‘Scimmia’.
Mai termine fu più azzeccato, se guardiamo all’etimologia della parola latina: Simia, cioè che è simile, che imita, in senso dispregiativo.
Il ritratto perfetto del Diavolo.
Siamo peccatori incalliti e impenitenti, amici tonsori. Seguiremo dunque il consiglio di Oscar Wilde: per resistere alle tentazioni, vi cederemo.
La prolissa introduzione serviva a darmi il la per entrare nell’argomento di cui volevo discutere oggi: il concetto di “Protezione” fornito dal sapone, quand’è correttamente montato sul viso. Perché anche questo, assieme con le amenità prima declamate, è un retaggio che viene da quel passato.
Si dovrebbe intendere, per ‘Protezione’, la barriera che il sapone da barba innalza sulla pelle per proteggerla dalla lametta quando vi passa sopra per rimuovere il pelo.
Capite già che, messa così, la questione suscita tenerezza.
Un sapone che agisse in questo modo ostacolerebbe la lametta, impedendone il corretto funzionamento. Cagionerebbe tagli e irritazioni, invece di scongiurarli (o di provarci, quantomeno).
La funzione del sapone è quella di favorire lo scorrimento della lama, nutrendo al contempo la pelle per assicurarne l’elasticità e il nutrimento. Più la lametta scorre facilmente, minore è il rischio che si impunti, irritando la pelle e tagliandola; più la pelle è nutrita (e quindi è elastica), più la lametta scorre facilmente.
“Protezione” è sinonimo di “Scorrevolezza”. Ma una scorrevolezza che sia data non soltanto dalle mere proprietà meccaniche dell’agente (il sapone in questo caso), ma anche da quelle della pelle, in una sorta di simbiosi.
Non avete mai pensato, a tal proposito, che i pre-barba, perlomeno quelli in crema, sono delle vere e proprie creme idratanti, che a volte danno il meglio quando sono applicati la sera prima e lasciati agire per tutta la notte, in vista della rasatura mattutina?
Metto le mani avanti e mi rifugio nella più sicura di tutte le fortezze: a ciascuno la sua pelle, che, in ultima istanza, fa sempre la differenza, a parità di tecnica e di strumento.
Ma non scordatelo mai: noi ci radiamo con tallowati e vegetali con formulazioni stratosferiche, rasoi in acciaio e titanio dalle geometrie raffinatissime, usiamo dopobarba dalle profumazioni spaziali.
I nostri nonni e bisnonni usavano la saponetta da toeletta, quando potevano permettersela.
I ‘Tradizionalisti’ erano loro.