Del tonsore e del tosato

Questo appunto, che apre e chiude un ciclo di riflessioni sulla rasatura tradizionale, vuole essere volutamente provocatorio.

È bene specificarlo subito, visto che l’analfabetismo di ritorno – ma se n’era mai davvero andato? – impedisce alla stragrande maggioranza dei lettori non soltanto di comprendere quel che leggono, ma anche e soprattutto di riuscire a portare a termine la lettura del testo che hanno sotto gli occhi, evidentemente perché reputano l’azione o troppo faticosa o addirittura inutile.

(“Non ragioniam di lor”…)

Il termine ‘Tonsore’ (dal latino “Tonsor”) significa “Barbiere”, cioè indica un individuo che, per mestiere, taglia barba e capelli agli altri.

Chi si definisce tonsore, applicando al termine un’estensione semantica che non gli è propria, per descrivere sé stesso nell’atto del radersi, lo usa impropriamente. Ma è un peccato veniale, tranquilli: al giorno d’oggi siamo tutti poeti.

Lascio a voi la scelta di quale altro termine utilizzare per definire l’azione del farsi da soli la barba. La filologia, ai fini della nostra disamina, ha poca o nulla importanza.

Importante è invece è l’uso sbagliato del termine in sé, perché la dice lunga sulla china che il mondo della rasatura tradizionale (e di molti suoi insigni esponenti) ha intrapreso sotto la spinta feroce del totalitarismo consumistico, da cui purtroppo, ormai, nessun ambito è immune.

Un po’ di storia per introdurre l’argomento.

La rasatura tradizionale è riemersa al grande pubblico da qualche anno, trovando supporto nel mantra popolare secondo cui essa permetteva di risparmiare soldi rispetto agli assai più inflazionati multi-lama e schiume da barba, essendo il rasoio di sicurezza e il pennello potenzialmente eterni, le lamette di costo irrisorio e il sapone da barba assai più efficace e duraturo della schiuma in bomboletta.

Cose verissime, a patto che si parlasse di rasoi in plastica o zamac, e di saponi e di pennelli da banco.

Dove è giunta la follia consumistica di questa passione, è inutile stare qui a precisarlo. Ma l’aspetto più caratteristico di questa passione transcresciuta è che, con essa, è transcresciuto anche l’indottrinamento di molti ‘tonsori’ da vetrina, sempre prodighi di consigli e larghi di critiche e commenti.

Bando al politically correct: è pieno il web di gente ansiosa di mostrare agli altri la propria abilità con lo strumento, esibendosi in contropeli al fulmicotone con regolabili settati al massimo, o con rasoi che al confronto l’erpice e la falce risultano delicati.

È pieno il web di utenti che, con malcelata baldanza, espongono alle plebi miserabili e invidiose strumenti costosissimi, necessari alla rasatura personale tanto quanto il Rolex d’oro per la consultazione dell’ora corrente. 

Ma non stiamo a crocifiggere le passioni personali, eh, ci mancherebbe. La critica non è rivolta a come chiunque spende, legittimamente, i suoi denari.

La critica è rivolta a chi, in virtù dei denari spesi e della supposta abilità raggiunta, si permette di criticare gli altri.

Perché “lui ha la mano”.

Purtroppo per costoro, la mano, delle due variabili fondamentali che regolano la rasatura tradizionale, è quella che, nel caso specifico di chi si fa la barba da solo, conta di meno.

Nel suo caso – proprio perché lui non è un tonsore – la variabile che determina la qualità del risultato finale al 90% è la propria pelle. Nel senso che chi ha la faccia di cuoio può farsi agilmente la barba anche col pugnale o il rastrello e uscirne illeso, se padroneggia lo strumento. Ma non vale l’inverso: la padronanza dello strumento (cioè la capacità di usarlo correttamente) da sola non è sufficiente a determinare un buon risultato, se questo in sé, per le sue caratteristiche, risulta incompatibile con la propria pelle.

Per il barbiere (il vero tonsore, quello che la barba la fa agli altri) determinante è invece la propria abilità con lo strumento, perché deve adattarlo, per quanto possibile, alle numerose tipologie di pelli e barbe che, mano a mano, gli si presentano da radere. E non è un caso che i barbieri non usino rasoi di sicurezza, strumenti che, proprio perché pensati precipuamente per essere usati su sé stessi, hanno pochissima adattabilità d’uso differente.

Il mondo della rasatura tradizionale non è immune da certo egotismo esibizionista, sia pure involontario. Né ci aspetteremmo il contrario: questo viene di conseguenza allo sviluppo dell’arte. All’aumentare della quantità, la qualità ineluttabilmente diminuisce. I trapezisti dell’Ikon Tech, o del Merkur Futur settato al massimo in contropelo diretto, sono una costante che segue il noto cliché da complesso di superiorità (o inferiorità?), che sovente si esplica nell’inutile esibizione di abilità – come fare mille palleggi consecutivi davanti a tutti per mostrare che se ne è capaci. Ma a che pro? Con quale utilità?

Potremmo estendere il discorso, ma sarebbe tautologico. E di tautologia, nel mondo dominato dall’esibizione sfrenata di sé stessi, ve n’è fin troppa.

Les jeux sont faits, mes amis.

 


 

About the Author: Daniele Pietrini
Appassionato di rasatura tradizionale dal 2013, sono alla costante ricerca di nuove fragranze e sensazioni, convinto del fatto che il tempo speso per sé stessi e per la propria cura non sia mai sprecato. La tradizione nella rasatura è ormai divenuta per me una componente irrinunciabile, fulcro di una ritualità che, ogni settimana, mi concede momenti di piacere e relax per il corpo e per i sensi.

Condividi

One Comment

  1. Paolo 12 Ottobre 2025 at 10:55 - Reply

    Bel pezzo, pienamente condivisibile.

    Sistemerei alcuni errori di battitura

Leave A Comment